Aumentano, con un tasso di crescita annuo del 15%, le richieste di sbiancamento dentale da parte dei pazienti, che attualmente rappresentano circa un terzo dei trattamenti estetici richiesti agli odontoiatri.
Lo dichiara l’Accademia Italiana di Odontoiatria, Conservativa e Restaurativa (AIC), in occasione del congresso Internazionale CONSEURO. Si tratta di un mercato che coinvolge 120.000 persone nel nostro Paese, anche se oltre il 50% degli italiani dichiara di essere insoddisfatto del colore dei propri denti.
I dati discussi al congresso sono basati su sperimentazioni condotte su denti estratti sottoposti a sbiancamento con gel a pH variabili da 4 a 5,5 (a normativa ISO 28399/2011 stabilisce che gli sbiancanti non debbano avere un pH minore di 4), che hanno evidenziato la presenza di danni a carico dello smalto già con pH acido pari a 4. Sui minori di 18 anni, fatta eccezione per particolari situazioni cliniche – come da direttiva EU 84/2011 – il trattamento è vietato.
Le cause dell’ingiallimento dei denti e la soluzione
Cause principali dell’ingiallimento dei denti sono fumo e alimentazione. In particolare è da limitare l’assunzione frequente di caffè, tè, vino rosso, succhi di frutta scuri e frutti di bosco. Sempre da aggiungere alla lista, poi, ci sono le bevande gassate, l’aceto balsamico e il pomodoro. Anche alcuni antibiotici, come le tetracicline, se usati in gravidanza e nei primi anni di vita possono macchiare i denti, dichiara il Presidente AIC Stefano Patroni.
«Il gusto del paziente determina la percezione del bianco e oggi anche in Europa la tendenza è verso denti anche oltre il colore medio naturale, come accade già da tempo oltreoceano, dove i sorrisi sono spesso di un candore abbagliante – sottolinea il Vice Presidente AIC, Federico Ferraris – L’effetto dello sbiancamento è duraturo, anche se non permanente. Secondo le abitudini alimentari e di igiene dentale, si consiglia un richiamo ogni 2-3 anni per mantenere il punto di bianco raggiunto».